Storia delle Lasagne, tra ricette e aneddoti

Articolo apparso sulla pagina della rivista Gambero Rosso – gennaio 2019

Abbiamo ripercorso la storia delle lasagne spulciando tra i ricettari medievali e inascimentali.

Sfatiamo subito un mito: la “lagana” romana di cui parla anche Orazio nel I secolo a.C. quasi certamente non assomigliava alle nostre lasagne, ma era un pane molto sottile cotto al forno o forse fritto.

L’uso di lessare gli impasti di acqua e farina risale al Medioevo e la lasagna è uno dei formati più conosciuti, citata a partire almeno dal XIII secolo. Rimane celebre il riferimento di Fra’ Salimbene da Parma che nella sua cronaca del 1284 parla di un frate corpulento dicendo “non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”.

Le prime ricette

La lasagna del goloso frate doveva essere impastata con sola acqua e farina, tagliata in larghe strisce, lessata in brodo o acqua e servita asciutta con formaggio grattugiato. Questo era probabilmente il modo più comune di consumare le lasagne, ma ne esisteva anche una versione al forno a noi più familiare a cui era riservato un condimento molto più ricco.

Nei ricettari che si fanno risalire alla corte angioina ne viene descritto un tipo imbottito con “uova fritte o lessate o strapazzate e ravioli fatti a pezzi o interi, formaggio grasso grattato o tagliato, lardo quanto basta” il tutto contornato da salsicce disposte “all’intorno a guisa del muro” e sormontato da figure di pasta come quella di “un serpente che combatte con una colomba”. Una portata di grande effetto scenico, sicuramente destinata a un banchetto di corte.

La forma delle lasagne

Il formato delle lasagne varia sensibilmente in base agli autori, poteva essere una tagliatella piuttosto larga o un quadrato di pasta grande come il palmo di una mano. L’unica cosa che accomuna questi formati alla lagana romana, da cui prendono il nome, era lo spessore e, probabilmente, il procedimento utilizzato per realizzarli.

Per stendere le lasagne, ieri come oggi, il metodo era quello di fare un impasto e tirarlo a matterello, ottenendo una grande sfoglia regolare. Cristoforo Messisbugo autore della metà del Cinquecento fornisce un’indicazione in tal senso dicendo “tira la detta spoglia tu, et uno compagno tanto che venga sottile come carta”.

Uova

Il Rinascimento: l’aggiunta delle uova

La pasta delle lasagne trecentesche era composta da sola acqua e farina di grano tenero per cui la loro consistenza, una volta cotte, doveva essere particolarmente morbida e si potrebbe paragonare a quella degli udon. Nel Rinascimento verranno aggiunte le uova che sostituiranno, in tutto o in parte, l’acqua nell’impasto, conferendo maggiore tenacia alla pasta. Oltre a essere servite come “primo piatto”, le lasagne venivano utilizzate anche come accompagnamento a lessi di anatre e capponi, inaugurando una moda tutta italiana di accostamento tra pasta e piatti di carne che è sopravvissuta nel nostro Paese fino alla fine dell’Ottocento e si può ancora trovare utilizzata oltralpe.

Bartolomeo Scappi nel 1570 suggerisce inoltre una ricetta di lasagne al forno con una base di “pasta reale” – composta di farina, acqua di rosa, burro e zucchero – e condite a strati con burro, provatura (un formaggio simile alla mozzarella), parmigiano, zucchero, pepe e cannella. Prima di essere servite, erano nuovamente spolverizzate di zucchero e cannella, a conferma del gusto dolce e speziato così apprezzato all’epoca.

Le prime ricette regionali: i Princisgras marchigiani

La ricetta rinascimentale a base di burro e formaggio resisterà, con minime variazioni, fino alla seconda metà del Settecento quando si imporranno definitivamente i timballi o pasticci di lasagne al forno. In molti casi la farcitura era composta da formaggio, prosciutto e soprattutto sugo di carne, il liquido ottenuto dalla rosolatura e seguente stufatura di carne e ortaggi in brodo, ristretto in una salsa densa e molto saporita.

Un esempio erano i “Princisgras” descritti da Antonio Nebbia nel “Cuoco maceratese” del 1781. Sono i diretti progenitori degli odierni vincisgrassi marchigiani. Questa specialità era composta da lasagne di pasta all’uovo condite con una salsa simile alla besciamella in cui era sostituito il burro con la panna a cui venivano aggiunti prosciutto e tartufo. Gli strati erano poi terminati anche da fiocchi di burro e parmigiano grattugiato.

Milano

Le prime lasagne con una esplicita denominazione territoriale sono però quelle “alla milanese” descritte da Francesco Leonardi alla fine del Settecento a base di tartufo, burro, besciamella, cannella e parmigiano. L’evoluzione successiva di fine Ottocento, prima del loro definitivo oblio come specialità gastronomica, prevedeva il ripieno arricchito con filetti di pollo, funghi e sugo di carne e la scomparsa della cannella.

Napoli

Ancora più opulente dovevano essere le lasagne che si preparavano a Napoli in occasione del carnevale di cui parla Ippolito Cavalcanti nel suo ricettario in dialetto napoletano datato 1837 che prevedevano strati di pasta intervallati da un gustoso sugo di carne – “brodo de no bello stufato” per dirlo con le parole dell’autore – con piccole polpette, fette di mozzarella o provola, formaggio grattugiato mescolato con zucchero e cannella.

Genova

A distanza di pochi anni appaiono per la prima volta le ricette delle lasagne “alla genovese” e “alla bolognese” su “Il cuciniere italiano moderno” del 1844, entrambe nella versione comune di grasso e di magro, per i giorni del calendario liturgico in cui non era consentito il consumo di carne.

La specialità di grasso prevedeva un sugo di carne e parmigiano da alternare con gli strati di pasta, e questo modo di condire la pasta è sopravvissuto nel napoletano dove si continua la tradizione del sugo “alla genovese” per i classici ziti spezzati a mano. È invece la variante di magro con basilico, aglio e pecorino, ad essere oggi universalmente conosciuta come pesto alla genovese.

Bologna

La versione delle lasagne alla bolognese è particolarmente curiosa perché precede di circa mezzo secolo la comparsa dell’omonimo ragù da cui oggi è inseparabile. Gli strati di pasta all’uovo erano alternati con spinaci lessati, tritati e ripassati in padella con sugo di carne – nella versione “di grasso” – oppure con burro, cipolle ed erbette nella versione di magro. Quest’ultima ricetta si presta ancora oggi per fare una semplice, ma gustosa lasagna vegetariana:

Fate la pasta come sopra (con farina, uova, sale, e, se piace, un po’ di zafferano). Tirate questa pasta sottile per tagliarla a guisa di lasagna, e cuocetela in acqua con sale] abbiate degli spinaci teneri, lessati e tritati. Fate un soffritto di cipolla, erbe odorose, droghe e butirro, uniteci gli spinaci, quanto burro abbisogna e condite”.

Nella versione che si imporrà agli inizi del Novecento, ed è entrata nella tradizione, gli spinaci diventeranno parte integrante della pasta, donandogli la classica colorazione verde, mentre all’interno troveranno posto il classico ragù alla bolognese, la besciamella e il parmigiano grattugiato.

Fin dalla loro nascita le lasagne si caratterizzano come portata da servire nelle occasioni speciali, simbolo dell’opulenza della cucina italiana, a differenza di altre portate a base di pasta che per diversi secoli sono state condite con solo burro e formaggio. Ancora oggi possono rappresentare un perfetto terreno di sperimentazione con accostamenti nuovi e interessanti, ma anche di riscoperta di ricette antiche ormai dimenticate (ma buonissime).